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Il DNA dei cavalli? lo abbiamo impoverito noi

Copenhagen, 2 maggio 2017 – L’allevamento moderno ha fatto diventare i cavalli più poveri dal punto di vista della diversità genetica: è questo quello che risulta dagli studi effettuati all’Università di Copenhagen dal gruppo di ricercatori guidati da Ludovic Orlando e Pablo Librado, e pubblicati dalla rivista Science.

Gli scienziati hanno ottenuto le sequenze genomiche di 14 cavalli dell’Età del Bronzo e del Ferro (dai 2.000 ai 4.000 anni fa) vissuti nelle steppe di Kirghizistan, Russia e Siberia, e studiandole hanno potuto trarre diverse conclusioni: già da allora gli uomini hanno influito sull’evoluzione dei cavalli selezionando alcuni caratteri particolari come il colore del mantello, la maggior robustezza degli arti anteriori e anche una maggior capacità di sprint sulle corte distanze (pare a causa di una mutazione genetica spontanea particolarmente fortunata); ma fino a circa 300 anni a.C. non c’erano tracce di consanguineità. Inoltre le modalità di selezione allevatoriale riservate ai cavalli hanno sempre seguito una logica del tutto diversa rispetto a quelle messe in atto per gli animali destinati alla macellazione.

Le cose realtivamente al DNA sono cambiate dopo, con l’allevamento moderno: per quanto si siano moltiplicate le (cosiddette) razze, cioè i tipi equini specializzati in determinati tipi di lavoro ed estremamente differenziati tra loro per aspetto morfologico – basti pensare alle apparenze esteriori diametralmente opposte di un pony Shetland e di uno Shire, ad esempio – in realtà il patrimonio genetico dei cavalli si è estremamente ridotto a causa di una diminuzione drastica e sempre più incisiva del numero di stalloni impiegati per la riproduzione: questo ha portato ad una veloce caratterizzazione e fissità di certe caratteristiche volute dall’uomo, ma anche all’accumulo di una rilevante quantità di caratteri genetici negativi e ad una elevata consanguineità.

Infatti siamo arrivati al punto in cui si può praticamente dire che quasi tutti i cavalli addomesticati abbiano lo stesso cromosoma Y: «Nei primi tre millenni di addomesticamento dei cavalli è stata preservata una grande diversità della discendenza maschile, che è poi svanita negli ultimi 2000 anni», commenta Cristina Gamba, una dei ricercatori.

Ma è proprio grazie a questa estrema facilità di adattarsi alle nostre richieste, declinate secondo i modi della selezione allevatoriale che il cavallo è ancora qui con noi, compagno fedele e generoso in tutto quello che decidiamo di voler fare con lui: che sia stato sport o lavoro, guerra o divertimento noi fortunati umani abbiamo sempre avuto a disposizione il soggetto giusto per aiutarci.

Se così non fosse stato i cavalli oggigiorno sarebbero fenomeni da riserva naturale come giraffe e ghepardi, sempre sull’orlo dell’estinzione in un mondo che semplicemente non avrebbe lo spazio per lasciarli vivere.