Cavalli atleti al macello? È polemica nella Federazione sport equestri

ANCHE noi diciamo no ai cavalli DPA in Fise” affermano in alcuni video selfie Aberto Zorzi, Lorenzo De Luca, Emanuele Gaudiano e Piergiorgio Bucci, i cavalieri di salto ostacoli più rappresentativi della squadra azzurra. Si uniscono alla protesta contro un provvedimento della Federazione italiana sport equestri che risale al 5 dicembre e che secondo le associazioni animaliste e alcuni dirigenti della stessa Fise ammetterebbe l’iscrizione ai ruoli federali di cavalli DPA, cioè destinati alla produzione alimentare.
La distinzione fra DPA e NON DPA corrisponde all’obbligo dell’Unione europea di indicare sui documenti di identità sportiva la destinazione finale dei cavalli, che molti tra atleti, tesserati e tecnici del settore reclamano oggi ben distinta dalla macellazione. Anche se la Federazione equestre internazionale ammette alle sue competizioni animali “destinati alla produzione alimentare”. Inoltre il Dipertimento veterinario della Fise, a esplicita richiesta di Repubblica, dichiara che in Europa molti paesi di grande tradizione equestre, tra cui Francia, Belgio, Germania, Svezia iscrivono ai propri ruoli federali sia cavalli DPA che NON DPA.

“La rivolta dei cavalieri è frutto di un malinteso” dice Marco Di Paola, presidente Fise e promotore dell’iniziativa. “Fino a oggi non esisteva alcun divieto nel merito: un cavallo DPA avrebbe potuto gareggiare in Italia in qualsiasi competizione. Con il nostro provvedimento questo non è più possibile, gli animali destinati alla produzione alimentare non potranno più svolgere alcuna attività sportiva, non solo le gare ufficiali ma anche le lezioni di salto ostacoli nei circoli ippici”. C’è però la possibilità di iscrivere i cavalli DPA alla Fise. Ed è questo ad aver provocato l’indignazione di chi da anni si batte per il benessere degli animali e ritiene che già da tempo gli animali destinati al macello fossero esclusi dai registri federali. “Non è così” continua Di Paola, presidente della Federazione da un anno. “Il regolamento veterinario in vigore non impone che il cavallo debba essere NON DPA per essere tesserato alla Fise. Tant’è che noi calcoliamo che il 20% dei cavalli del circuito sportivo italiano siano DPA. Il nostro provvedimento vuole arginare questo fenomeno”.

“Se davvero ci sono tanti cavalli macellabili sui campi di gara italiani si tratta di una grave irregolarità da contrastare” replica, in totale disaccordo, la consigliera Fise Eleonora Di Giuseppe. Nel 2006 Di Giuseppe ha redatto un “Regolamento per la tutela del cavallo”, che nello stesso anno veniva allegato con un delibera Fise al Regolamento veterinario, dove si ammetteva l’accesso ai registri federali ai soli esemplari NON DPA.

Dunque tutto chiaro? Niente affatto. Perché negli ultimi anni la Federazione sport equestri ha attraversato periodi burrascosi, tra milionari buchi di bilancio, commissariamenti a ripetizione e presidenti che appena insediati annullano le delibere di chi li ha preceduti. A far le spese di questo caos, oltre ai risultati sportivi, assai deludenti per i colori azzurri, sono anche le regole che dovrebbero tutelare il benessere del vero atleta in questione: il cavallo. La delibera che recepisce il “regolamento per la tutela del cavallo” firmata nel 2007 dal presidente Fise Cesare Croce viene cancellata suo successore Paul Gros nel 2009. Nel 2015 il commissario Gianfranco Ravà, in scadenza di mandato, a sua volta delibera “di integrare il Regolamento veterinario con i documenti allegati” (ovvero il suddetto Regolamento per la tutela, ndr). “In realtà” spiega Di Paola “nessuno di è premurato di integrare i due documenti e quindi fino a oggi è stato possibile iscrivere alla Fise e far gareggiare cavalli destinati alla produzione alimentare”.

“La delibera firmata da Ravà era valida e prevedeva l’automatica applicazione di ogni principio enunciato” contesta Walter Caporizzi, segretario generale della Fise durante la presidenza di Vittorio Orlandi seguita al commissariamento. “La Fise è piena di norme disorganiche relative ai vari comparti mentre questa costituiva, al pari di altre delibere, una norma generale, superiore a quanto trascritto nei regolamenti di settore”.

Difficile districarsi tra i regolamenti e le rese dei conti di una Federazione che ha vissuto anni sulle montagne russe. Restano le proteste delle associazioni animaliste: “Sembra si voglia favorire lo smaltimento dei cavalli commercialmente inutili”, dicono da LNDC-Animal protection e Progetto Islander. “Avallare l’iscrizione dei DPA alla Fise significa demolire l’unico strumento di controllo nei confronti di certi allevatori e circoli, lieti di sostituire il pensionamento dei cavalli con l’introito del mattatoio. Lo riteniamo un grave passo indietro nella morale e nel buon senso”.

Di Paola non nasconde che dietro la grande difficoltà di varare una norma chiara e diretta (una cavallo sportivo non potrà mai essere macellato) ci sia il mondo degli allevatori. “E’ difficile dire a chi lavora in questo settore: se un animale si azzoppa a 4 anni lo devi tenere al pascolo per tutto il resto della sua vita. Noi però abbiamo fatto un passo avanti, non indietro. E vogliamo sensibilizzare tutti

i proprietari di cavalli: accettiamo tutti, ma chi vuole fare sport con non può finire al macello”. E i cavalieri azzurri che sui social hanno protestato contro il suo provvedimento? “Ho spiegato loro che erano stati male informati. Qualcuno mi ha chiesto scusa”.

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