Il problema, con il fantino di galoppo Lanfranco Dettori, è che non si sa mai da quale suo (nuovo) record cominciare: nemmeno il tempo l’altro giorno a Newmarket di registrare il 600° successo in un Gran premio internazionale, di cui addirittura 224 di «gruppo uno» (i più importanti) in 24 diverse nazioni, e già ieri a Parigi in sella alla purosangue inglese Enable il quasi 47enne Dettori supera il poker di vittorie nel Prix de l’Arc de Triomphe di altri sei mitici jockey del passato (tra i quali proprio il suo scomparso idolo irlandese Pat Eddery o il francese simbolo di stile di monta Yves Saint Martin), e diventa l’unico fantino, nella quasi secolare storia della più prestigiosa corsa di galoppo del mondo, a vincerla per la quinta volta in 29 tentativi (uno più anche del leggendario Lester Piggott). Cosí quasi già si dimenticano le 3.000 vittorie in Inghilterra raggiunte questa estate, o l’irripetibile trance agonistica (eternata da una statua all’ippodromo) nella quale ad Ascot il 28 settembre 1996 vinse sette corse su sette.
Figlio di una contorsionista di un circo che andò a fuoco nel 1963 ricevendo la solidarietà di un giovanissimo Adriano Celentano, e di un fantino sardo (il 13 volte campione italiano Gianfranco «il mostro» Dettori) che nel 1985 lo spedì già a 15 anni in Inghilterra per sottrarlo agli angusti confini ippici nazionali, ieri «Frankie» Dettori assapora il vertice della propria carriera proprio là dove aveva vissuto il punto più basso: a Parigi con la squalifica antidoping di 6 mesi per positività alla cocaina nel settembre 2012, poco dopo essere stato improvvidamente «rottamato» da 18 anni di trionfale sodalizio con la scuderia dello sceicco dubaiano Maktoum.